martedì 30 ottobre 2012

The House in the Woods

Photo: Fagerström & Willamo
Da sempre ho una passione per le case abbandonate. Forse più di una passione. L'immagine di una casa ormai abbandonata mi risuona dentro da molti anni e ha giocato un suo ruolo all'inizio della storia con il mio compagno. Ho scritto varie volte storie che ruotavano attorno a case abbandonate. Ne ho visitate alcune, scattando mille foto per cercare - invano - di riportare a casa le impalpabili sensazioni che quelle stanze vuote mi suscitavano. Ho avuto modo di vedere fabbriche in disuso ed anche un incredibilmente suggestivo albergo abbandonato (altre fissazioni nelle mie storie).
Non a caso, durante l'adolescenza, amavo (ed amo) La casa dei doganieri di Montale ed ho adorato le pagine di Gita al faro in cui la Woolf parla del vento che si insinua nella casa e la visita, esplorandone gli angoli più reconditi.
Photo: Fagerström & Willamo
Amo la natura che si impossessa dei luoghi abbandonati, trasfigurandoli e mutandoli in una creazione che non è più solo umana. Fin da piccola rimasi colpita dai rovi che avviluppavano il castello della Bella Addormentata, come pure dalle stanze dimenticate di ville e castelli invase dalle piante di qualche romanzo e film per bambini.
Così come ho un debole per le case abbandonate, ne ho un altro per gli animali del bosco e per i Paesi Nordici.
Photo: Fagerström & Willamo
L'altro giorno - in un raro momento di pace - mi è capitato di imbattermi in una felicissima combinazione di tutto ciò leggendo questo articolo, in cui si parla di un fotografo finlandese, Kai Fagerström, che ha esplorato alcune case abbandonate a Suomusjärvi, nella campagna finlandese, scoprendovi un grande fermento di vita, dal momento che tassi, volpi, civette e altri abitanti del bosco le avevano elette a loro dimora. Fagerström, pazientemente, nell'arco di 10 anni, ha realizzato numerosi scatti (insieme a Heikki Willamo, autore di libri per bambini e fotografo) che ritraggono i nuovi abitanti che si aggirano per le stanze e l'effetto è assolutamente incantevole e suggestivo. Dalle fotografie si coglie il silenzio e i fruscii furtivi, l'atmosfera rallentata, sospesa di quegli ambienti e le immagini sembrano scaturite da un libro illustrato per bambini.
Sul web sono visibili poche foto, ma è stato pubblicato un libro, The House in the Woods, che raccoglie le foto del progetto accompagnate da testi di Heikki Willamo e da poesie di Risto Rasa e che è acquistabile qui, sul sito del Natural History Museum. Fagerström, per questo suo lavoro, nel 2010 ha vinto il Wildlife Photojournalist Award. Direi che se lo è proprio meritato ed ho deciso che il suo libro sarà il mio autoregalo per Natale.
Photo: Fagerström & Willamo
Nel sito di Fagerström si possono vedere alcune altre foto del progetto, mentre in questo articolo del sito Books from Finland (sito che ho sbirciato al volo, ma su cui voglio tornare perchè l'ho trovato interessante) si può leggere un estratto del libro.

domenica 28 ottobre 2012

L'amico immaginario

E' una giornata di nuvole e vento. Ho il naso che gocciola e doloretti dappertutto. L'asilo ha colpito anche me. Ho resistito tenacemente fino ad oggi, mentre mia figlia ed il mio compagno erano posseduti da svariati virus influenzali. Alla fine non ce l'ho fatta. Però ci ho sperato fino all'ultimo. Ieri sera, dopo essere riuscita a mettere a letto la mia bimba, caricato la lavastoviglie e dato due crackers ormai invecchiati a Moony, il mio cane femmina, per consolarla del maltempo che infuriava fuori, sono riuscita finalmente a mettermi a letto per finire le ultime pagine di un romanzo che mi è stato prestato e consigliato qualche giorno fa da mia suocera, "L'amico immaginario" di Matthew Dicks.
E' un libro che è capitato al momento giusto, alla ripresa del II semestre di lezioni della specializzazione per il sostegno, perchè è una storia raccontata da Budo, l'amico immaginario di Max, un bambino autistico. Mia suocera mi aveva detto che si leggeva tutto d'un fiato. Io non ne ero molto convinta, perchè solitamente i romanzi che escono di recente non mi appassionano molto, ma, dal momento che i nostri gusti in fatto di libri sono molto simili, le ho dato fiducia ed ho iniziato a leggerlo.
Si legge davvero in pochissimo tempo, perchè la storia è scritta in modo scorrevole, avvincente ed è umanissima. Mi ha felicemente sorpreso. Non voglio raccontare nulla della trama, prima di tutto per non togliere la sorpresa a chi ha intenzione di leggerlo e poi perchè penso che già il fatto che sia una storia raccontata da un amico immaginario sia già sufficiente per destare curiosità.
Mi ha ricordato per alcuni versi "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" di Mark Haddon, che avevo letto qualche tempo fa. Ultimamente escono vari romanzi che provano a rappresentare la realtà a noi sconosciuta delle persone autistiche, spesso con il rischio di metterne in luce solo gli aspetti più eccezionali e sensazionalistici, dimenticandone la quotidianità, il vissuto doloroso e difficile delle famiglie, le difficoltà che si incontrano nell'impatto con l'ambiente sociale.
Il libro di Dicks è un romanzo, certo, ma mi è sembrato anche capace di tratteggiare quest'altra parte della realtà. Matthew Dicks è un insegnante americano (da qualche parte ho letto che è insegnante di sostegno, ma non sono riuscita ad appurarlo con certezza) e questo spiega il suo modo di descrivere la scuola, che - si capisce da come scrive - è espressione di una visione "dal di dentro". Ho scoperto che Dicks ha un suo sito ed un suo blog e che su Flickr vi sono le foto sue, di sua moglie, dei suoi figli. E questo me lo ha reso più vicino, reale, meno, insomma, "immaginario".
Dal momemto che si parla di amici immaginari è stato inevitabile pensare al mio, anzi alla mia amica immaginaria, vissuta per poco tempo, non ricordo neppure quanti anni fa di preciso. Ne rammento l'aspetto, perchè era stato preso direttamente da un episodio di uno dei miei cartoni animati preferiti, L'incantevole Creamy. Era una fata, o forse un fantasma, ed io l'avevo chiamata Vergine - non so proprio perchè - e avevo immaginato vivesse nella torre medievale del mio paese. Ricordo che un giorno ne parlai a mia nonna, indicandole la torre che si vedeva dal terrazzo di casa sua. Lei sorrise e mi chiese: "Ma tu sai cosa vuol dire vergine?". Non ho memoria della mia risposta e forse è meglio così...

Voglio annotare qui qualche frase, giusto per ricordarla:
"Ci sono due tipi di maestre al mondo. quelle che fanno finta di insegnare e quelle che insegnano davvero. e la signorina Daggerty e la signora Sera e soprattutto la signora Gosk appartengono al secondo tipo. Loro parlano ai bambini con unavoce normale, e dicono le stesse cose che direbbero a casa loro. Hanno la bacheca sempre piena di fogli e la cattedra un po' in disordine e i libri sparsi qua e là, ma i bambini le adorano perchè parlano di cose vere con la loro vera voce, e dicono sempre la verità. e' per questo che Max adora la signora Gosk. Lei non fa mai finta di essere una maestra. Lei è se stessa e basta, e questo permette a Max di rilassarsi un po'. Non c'è niente di cui aver paura con lei.
... Le maestre che fingono di insegnare non riescono a tenere a bada i bambini. Preferiscono quelli che se ne stanno seduti al loro posto e ascoltano con attenzione e non tirano mai gli elastici ai compagni. Vorrebbero che tutti i bambini e le bambine fossero com'erano loro ai tempi della scuola, ordinati e carini e perfetti. Le maaestre che fanno finta di insegnare non sanno cosa fare con i bambini come Max o Tommy Swinden ... Loro non capiscono i bambini come Max perchè preferirebbero insegnare a delle bambole piuttosto che a dei bambini veri. Usano le bacchette e i registri e le pagelle per tenere a bada gli alunni, ma nessuna di queste cose funziona davvero.
La ignora Gosk e la signorina Daggery e la signora Sera, invece, vogliono bene ai bambini come Max e Annie, e perfino a Tommy Swinden. Ti fanno proprio venire voglia di comportarti bene, e non hanno paura di dire ai bambini che stanno rompendo le scatole."
"-  ... Nessuno tratta Max come un bambino normale, ma tutti vorebbero che fosse un bambino normale, invece di essere se stesso. E nonostante questo, Max continua ad alzarsi lo stesso tutte le mattine e ad andare a scuola e al parco e pure alla fermata del bus. - 
- Per questo dici che è coraggioso? - chiede Oswald.
- Il più coraggioso di tutti - rispondo io."